'A primma è ddè sciem', la seconda di più (forse)
08.12.2015 06:23A pensarci forse è davvero così, forse è stato davvero peggio di prima. Mi sono sempre guardato bene dal fare questa ammissione, non l'ho accettata neanche nel momento più nero, non l'ho fatto per tutti questi mesi. Mario Sconcerti dice sempre che nel commentare il calcio, siamo sempre troppo condizionati dall'ultima impressione, che di conseguenza oscura le precedenti e le possibile successive. Ed anche nella vita credo che funzioni così, ma non è solo in virtù di questo lucido ragionamento che non accetto questa sentenza. Ammettere che sia peggio di prima significherebbe dover in un certo qual senso riconoscere la sconfitta, dover constatare che la prima volta non si è imparato nulla, malgrado si sia ostentato, e raccontato, il contrario. Ammettere che una seconda caduta al tappeto sia stata più violenta della prima, significa in un certo senso marchiare col timbro dell'inutilità tutto il proprio percorso, un po' tutta la propria vita.
Pertanto insisto coi forse, mi tengo sul vago. Questo tonfo grossolano, mi dico, non può cancellare pagine di storia, aneddoti di conquiste quotidiane, sangue andato a male e ripulito con cura, e soprattutto con fatica. Certo è che però, gli elementi di cui su, sono stati vittima di una penosa mortificazione da parte del sottoscritto. Il sottoscritto stesso lo è stato, ad opera di se stesso, e non di qualcun altro. Giorno, dopo giorno. Il male che può farti qualcun altro si esaurisce nel giorno in cui te l'ha fatto. Dal giorno dopo, quello in cui l'altro nel frattempo se ne è lavato le mani, la palla passa te. Ogni giorno speso a puntar il dito, ogni giorno trascorso a pagarne impassibile lo scotto, è solo e soltanto responsabilità privata di chi sta pagando il conto. E' ingiusto, senz'altro lo è, ma funziona così.
Ciò che è certo, è che se forse non sarà stato peggio, senz'altro è stato diverso. Si, questo sicuramente, è stato molto diverso da allora. Innanzitutto per un motivo molto semplice: quella volta, dentro di me, c'era la vita. La sentivo scorrere, irrefrenabile ed inevitabile. Era un qualcosa del tipo "salviamoci la pelle". A qualsiasi costo, ma salviamocela. Certo, i metodi escogitati a suo tempo nel disperato tentativo di riuscirci non furono certamente i più raccomandabili. Ne seguirono catastrofi su catastrofi. Però c'ero. C'era un io, c'era un non-io, e c'era un problema. Componenti distinte tra loro in maniera riconoscibile, non il miscuglio vorticoso e privo di prospettive che c'è stato, e che c'è adesso.
No, questo incassare un cazzotto e porgere l'altra guancia, questo adulare il non-io a discapito dell'io, fino all'annullamento e all'incapacità di riconoscere ed affermare dell'esistenza di quest'ultimo. Questo non ci fu all'epoca. Non mi ero mai sentito così inerme, disarmato, inesistente. Ci sono stati momenti in cui avrei accettato di subire qualsiasi cosa, di fare, qualsiasi cosa. Momenti in cui ho francamente avuto paura della mia incapacità di reazione, paura di poter fare qualsiasi fine e soprattutto paura di riuscire a farlo senza neanche starmene a rendere conto. La cosa più agghiacciante, è che non me ne sarebbe importato. Come un bambino, che non ha il senso del pericolo, non lo può conoscere e pertanto non sa tenersene alla larga. Il punto è che io un bambino non lo sono più, direi da qualche anno ormai.
Altra differenza sostanziale è stata l'aver totalmente perso la vista e la capacità di giudizio. La prima volta fu il rancore, prima a distruggermi, poi a salvarmi. In questi mesi invece quello non l'ho avuto quasi mai. Ovviamente delle volte si formava dentro me, come potrebbe essere altrimenti? Nasceva in associazione ad alcuni pensieri, ai ricordi delle cose infami e bastarde che i miei occhi avevano dovuto vedere. Ma era un qualcosa di fragile, di poco convinto, che si dissolveva in automatico al primo pensiero diverso, al primo ricordo positivo.
Soprattutto, la differenza principale, è stata la totale devozione alla causa ed il conseguente insensato ottimismo di poterla prima o poi spuntare. Il desiderio accecante di riuscire a provare che tutto non fosse realmente così brutto, che tutto si sarebbe potuto risolvere secondo i miei piani, la spasmodica esigenza di veder questo male curato da chi l'ha generato per poi scontrarsi con una realtà diversa, anche peggiore del peggior pensare, e sbatterci la testa: dieci, cento, mille volte, e non riuscire a cambiare idea, non riuscire a credere che non solo fosse proprio così, ma che fosse anche destinato a restar tale senza in nessun modo riuscire a guardare oltre questo Everest da scalare.
La prima volta tutto ciò che faceva male era merda, certo attraente in modo perverso proprio come oggi, ma pur sempre merda. Questa volta, tutto ciò che faceva male era bello, perfetto e tutt'al più la merda potevo essere io, che non ne ero all'altezza. L'incredibile intaccabilità ai propri occhi, ed al proprio cuore, di pochi momenti, forti e spessi come il marmo, indistruttibili anche dall'acido della peggior schifezza vista, constatata e digerita, al punto da arrivare a dare un senso di per sè a tutto il male che essi dopo abbiano dovuto creare, esclusivamente nell'ottica di un prezzo da pagare per cotanta fortuna. Un segno così profondo da pensare realisticamente poter dare qualsiasi cosa di umanamente accessibile per assaporarla anche un'ultima volta e se non assaporarla, quanto meno lottare per restituirsi la speranza di poterlo un giorno fare con l'esigenza di sentirsi giustificato e supportato in questa ambizione arrivando ad allontanare chiunque consigli qualcosa di diverso. Insomma, mi sembra evidente che mi sia trovato di fronte a qualcosa di realmente insano, che non conoscevo, ed a cui ancora non ho saputo dare un nome.
E se il nome invece fosse proprio quello lì?
Se fosse "quella cosa", ciò che la seconda volta è stato e che la prima evidentemente non era del tutto sebbene non lo potessi ancora sapere?
Beh se così fosse, appena passa questa cosa qua (che poi passerà prima o poi dicono), Dio mi fulmini se permetto che accada un'altra vol...
Certo Falco, dillo a qualcun altro, questa su Nipes mi sa che l'hanno già letta tempo fa.
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