8 Novembre, capodanno è oggi

10.11.2014 09:57

Se non fosse per questa mia condanna congenita al ricordo ed al pensiero costante e persistente, avrei quasi già rimosso tutto. Ma va da sè, che per i motivi che ho già superficialmente elencato, non può, per fortuna o per dannazione non saprei, essere così. Oggi lo dicevo a mia madre. Sai mà, oggi fa un anno che sono di nuovo qui. E' volato sto tempo, le ho detto. Non è che è proprio volato, mi fa lei. Ma se faccio il confronto tra quanto è durato quello in cui non ci sei stato, continua, non si può paragonare. Strano, sono così impegnato nel cercare titoli sensazionalisti da affibbiare anche alla più banale tra le cose che mi capitano, che a volte mi perdo i passaggi e i ragionamenti più semplici. Ora al di là della dolcezza (molto a fasi alterne) di mia madre, definizione più nuda e cruda non ci sarebbe potuta essere, per quanto mi sarei potuto voler scatenare su questa tastiera.

Non so come lo spieghereste, non so se si può spiegare. Per certi versi sembra ieri, ma se mi guardo attorno allo stesso tempo sembra una vita fa. Di fatto è passato un anno dal mio ritorno, ed il calendario è nero su bianco, non lo si può di certo interpretare almeno quello. Ricordo il morso allo stomaco. La sensazione di risvegliarsi da un coma dopo 450 giorni tondi tondi ignorando cosa fosse potuto accadere in mia assenza, ma credendo sempre e comunque il peggio, di tutto e di tutti. La "spaesatezza" tra cotanto caos, il sospetto, la riluttanza nel fidarsi di chi chiunque, in quanto potenziale sospettato di aver tramato o peggio pugnalato alle mie spalle, la paura di incrociare determinati sguardi e la paura di come avrei reagito alla loro vista. Poi piano piano l'ambientamento, i chili persi, le occhiaia distese, il grigio sparire dalle pupille, lo smaltimento dell'infame sonno arretrato dalle ossa del cranio. Il ritorno alla vecchia normalità, seppur con ben altro spirito. Le rivincite, una dopo l'altra. Le cose messe a posto, l'una dopo l'altra. Le cose che avresti voluto fare, fatte spuntando punto per punto dalla lista. Le fratture sanate chirurgicamente, ed i conflitti che invece si sono curati via via da soli. Le paure andate via in dissolvenza dai miei pensieri insieme alle persone che le generavano. Non solo il tenendole lontane dagli occhi, ma anche prendendoci appuntamento, viverle in gran segreto un'ultima volta per poi capire finalmente da solo, con carattere e lucidità e non più sopraffatto dagli eventi, di quanto abisso ci sia (fortunatamente) a fare da divisione. La mia medicina è stata rappresentata da una nuova prospettiva, un sogno, una speranza, qualcosa di più grande di tutto il resto, forse un disegno, forse la chiusura di un cerchio, forse la consapevolezza che c'è chi ci arriva con un percorso lineare a prendere la propria strada, e chi invece deve uscirne a zig-zag un paio di dozzine di volte prima di poter riuscire finalmente a capire che sia quella giusta. Molto più probabilmente è soltanto l'ennesima illusione frutto della mia visione melodrammatica della vita. Ma oggi, un anno dopo, posso dire con certezza di essere tornato a credere in qualcosa, oltre ad avere un'affascinante storia da raccontare, e questo mi contraddistingue da tanti, da chi improvvisa, da chi non si fa mai le giuste domande e poi pretende le risposte manco piovessero o crescessero sugli alberi. 
"C'è chi ha perso una brutta partita, peró forse una fiches gli è restata, e puó darsi ci sia un altro giro di ruota..." Citai così Ligabue quel giorno nell'ambito della didascalia di questa foto scattata poco prima di aprire la porta sulla mia seconda vita. Non so se possa dire con certezza che la ruota abbia girato, ma ciò che è certo, è che 450 giorni dopo, avevo preso finalmente di nuovo in mano la mia fiches, ed oggi, ulteriori 365 giorni dopo, sono finalmente IO e soltanto IO, senza paura e condizionamento alcuno, il chip-leader di me stesso.
 
Falco v2.0
 

 
Indietro

Cerca nel sito

N.I.P.E.S., il blog di Andrea Falco © 2014 Tutti i diritti riservati.