Lettera ad Alex Schwazer
04.10.2013 01:41
Egregio signor Schwazer,
le scrivo da Napoletano fiero e non da Altoatesino, di questi tempi meglio chiarirlo subito.
Le scrivo perché nonostante a quei tempi fossi parecchio giovane, ricordo benissimo del suo trionfo a Pechino, e non le nego che esso mi strappò un sorriso soddisfatto, perché che lei ci creda o no, qui a Napoli, nonostante tutto, capita ogni tanto anche di sentirsi Italiani.
Le scrivo perché le sue presunte dichiarazioni, sulle quali si è ampiamente discusso negli ultimi giorni, hanno suscitato non poco disagio nel sottoscritto. Le scrivo perché sono certo tuttavia, che lei non volesse offendere nessuno, e non metto in dubbio la sua buona fede. Trovo che lei infondo sia un bravo ragazzo, che pecca tutt’al più di un po’ di ingenuità, e se, come lei stesso ha chiarito, la sua specifica riguardo la città nativa fosse soltanto un’allusione simpatica all’innata furbizia nostrana, mi sento di rassicurarla, nessuno potrà mai sospettare che lei non sia Altoatesino, perché furbo, signor Schwazer, lei non lo è stato affatto.
E’ una tendenza innata ed anche abbastanza scontata dell’essere umano, a prescindere dalla provenienza, quella di puntare il dito contro il mondo altrui, spesso senza che neanche lo si conosca lontanamente, quando il proprio va colando a picco. Le faccio presente, Signor Schwazer, che a differenza sua, e di suoi molti conterranei, io non le parlerò per stereotipi o superficiali luoghi comuni, non alluderò al gelo delle sue montagne che si riflette perfettamente nei suoi occhi e nella sua persona, non le ricorderò dell’origine tipicamente italica del suo cognome, non difenderò a spada tratta una città fatta di contraddizioni per il solo fatto di esserci nato, o forse invece ho mentito, ed ho appena fatto tutto questo. D’altronde anche lei poco prima dei suoi esami dichiarava di essere pulito. vede signor Schwazer: io sono napoletano e lei è Altoatesino, eppure siamo bugiardi in egual modo. Io non voglio che Napoli le piaccia, ma pretendo che lei la rispetti. Non le starò a parlare di sole e di mare, di pizza e mandolino, di lasagne, di musica, folclore, presepi, umanità, sensibilità, compassione, romanticismo e vitalità. Questi sono i temi che invece hanno fatto il male della mia città, sono le mura di cinta dietro cui per generazioni e generazioni si sono rifugiati i miei conterranei, antenati ed attuali, in paura ed in omertà, per fingere di non vedere il cancro che stava dilaniando queste terre, e per giustificarne la conseguente caduta in rovina. Vorrei porre l’accento su ciò che di Napoli invece non passa mai. L’eleganza, lo stile, la professionalità, il sudore, l’università, la ricerca, i progetti, le iniziative, lo sport, il talento, la movida, gli eventi, la moda, la cultura, l’internazionalità. Tante parole che all’opinione comune risultano l’opposto del termine “Napoletanità”, ma che, e mi creda Signor Schwazer, basterebbe trascorrere una settimana qui per scoprire di dove veramente esse siano di casa. Ma la mia Napoli, Signor Schwazer, ha anche tanti e tanti problemi, diventerei evidentemente ancor meno scaltro di un Altoatesino se affermassi il contrario. Dove si semina insicurezza e incertezza del domani, Signor Schwazer, si raccoglie debolezza. Dove c’è debolezza, c’è la paura di non riuscire. Le dirò, Signor Schwazer, e mi rincresce ricordarglielo, e mi rincresce ricordarle che lei dovrebbe ormai saperlo bene, che dove c’è la paura di non riuscire, ci sono sempre un gatto ed una volpe, pronti ad offrire una scorciatoia. La morale della favola, che spero lei intanto abbia imparato, è che non importa se tale scorciatoia sia una pistola, un commercio illegale, o una siringa. Non importa se essa passi per una cella, per un cimitero, o per una squalifica. La costante è che le scorciatoie non pagano mai, e sono la morte della virtù e della dignità dell’essere umano. Napoletano o Altoatesino egli sia.
Andrea Falco.
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